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ENTRA2 IM CANCER MAMA 2020Institut Marquès vanta una percentuale di gravidanza dell’82% per donne che hanno superato un trattamento oncologico

I nostri risultati dimostrano che sette pazienti oncologiche su dieci sono diventate madri in meno di due anni senza rischio di recidività della malattia

In concomitanza con la Giornata Mondiale per la lotta contro il Tumore al Seno, l’Institut Marquès presenta i risultati osservati dalla sua Unità Specializzata in Oncologia e Medicina Riproduttiva, il cui obiettivo è di orientare i pazienti che hanno sofferto di cancro ed assisterli nel cammino alla maternità o paternità dopo il trattamento. L’89% delle pazienti osservate dalla nostra unità specializzata è stato ritenuto idoneo ad avviare un processo riproduttivo. Di queste, l’82% ha raggiunto una gravidanza attraverso trattamenti diversi, e 7 su 10 donne sono diventate madri in meno di due anni dalla consulta.

Il Dott. Àlex García-Faura, ginecologo e Direttore dell’Unità, afferma che “molte di queste donne possono avere un bambino se hanno già completato con successo il trattamento di chemio, radioterapia o interventi chirurgici, ma è imperativo che il loro caso venga esaminato da un team multidisciplinare come il nostro. Solo allora possiamo dire che essere una madre dopo il cancro è sicuro.” Per quello, il nostro team è composto da esperti in diverse specializzazioni che, dopo aver analizzato il caso specifico di ogni paziente, procedono nella diagnosi del trattamento riproduttivo adeguato e sui tempi per effettuarlo.

“La necessità di preservare la fertilità nelle pazienti oncologiche è in aumento, dal momento che l’incidenza di cancro nelle donne in età riproduttiva è aumentata negli ultimi anni a causa del ritardo nella ricerca della maternità. Inoltre, la sopravvivenza a queste malattie è in aumento, con un indice dell’85% sotto i 50 anni”, aggiunge il Dott. García-Faura.

La maggior parte delle pazienti ha sofferto di cancro al seno

Questa valutazione multidisciplinare è importante per la salute delle pazienti, perché permette di diventare madri senza però aumentare il rischio di recidiva della malattia. Il comitato dell’Institut Marquès ha realizzato un follow-up di due anni in pazienti oncologiche rimaste incinte. Tutte attualmente dimostrano uno stato di ottima salute.

I trattamenti che hanno realizzato son stati: Fecondazione in Vitro (3,9%), Donazione di Embrioni (11,7%) e Donazione di Ovociti (84%). L’età media di queste pazienti è di 40 anni, e il tipo più comune di cancro è quello al seno (35%), seguito da neoplasie ematologiche come la leucemia o il linfoma (29%) e dal cancro ovarico (14%). Di solito, quando le pazienti si rivolgono ad uno specialista per ricevere informazioni riguardo la possibilità di maternità, sono passati in media 8 anni dalla diagnosi del cancro.

Il motivo per cui alcune pazienti non sono state in grado di iniziare un processo riproduttivo (il 10% delle donne prese in esame), è da riscontrarsi soprattutto nel fatto che non hanno ancora completato il trattamento oncologico, all’età (oltre 50 anni) o ad un problema di obesità patologica.

In caso in cui lo specialista neghi la possibilità di realizzare un trattamento riproduttivo, il paziente viene informato sui test diagnostici o i trattamenti oncologici da seguire, prima di presentare una nuova domanda per ottenere una gravidanza.

Ad oggi, nella maggior parte dei casi la maternità non è raccomandata per le donne che hanno avuto il cancro

Solo il 10% delle donne che hanno iniziato un trattamento riproduttivo hanno vitrificato i loro ovociti prima del trattamento del cancro. “Nonostante i progressi, di fronte a una diagnosi di cancro, spesso si dimentica che in futuro la paziente potrebbe voler diventare madre”, afferma il Dott. Àlex García-Faura. “Inoltre, sia i team medici che l’ambiente più vicino alla paziente, spesso si concentrano sui rischi di recidiva della malattia. Tuttavia, la nostra esperienza dimostra che, se la valutazione precedente lo approva, i rischi sono semplicemente quelli di qualsiasi gravidanza ”, spiega il ginecologo.